Papaccio - Salvatore Papaccio

Il 'Commendatore'. Il nostro più illustre antenato.




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Salvatore Papaccio

Salvatore Papaccio è senza dubbio il nostro parente più prestigioso e rappresentativo. Cantante di successo dagli anni '20 dello scorso secolo, egli viene da sempre associato agli illustri Gennaro Pasquariello e Vittorio Parisi come "Le 3 P" della "Canzone Napoletana".

Tra le sue interpretazioni ricordiamo: Quatto stelle, Suonno d'artista, 'A risa, Silenzio cantatore, 'Ndifferenza, Guappo songh'io, Gennarino Buonocore, Brinneso, Marenaro traduto, 'O varcaiuolo, 'A zingara, Napule e Maria, Varca Napulitana, e molte altre ancòra...

Illustre nipote d'arte, è il Maestro Sergio Rendine, diplomato in Composizione presso il Conservatorio di S. Cecilia di Roma e considerato tra i più importanti compositori del nostro tempo.

Ecco un articolo scritto da Mario Rossi:

"Una sera, nella Parrocchia di Borgo Loreto, la voce di un bimbo di appena nove anni, diede colore e vita al «Tantum ergo » sbalordendo il parroco organista e la massa dei fedeli. Quel bimbo si chiamava Salvatore Papaccio. Era nato il 23 giugno 1890 in una casa di via Madonna delle Grazie a Borgo Loreto. Dopo pochissimi anni la voce cambiò, irrobustendosi. Sorse anche la necessità del lavoro, esplicato con il conforto della passione per il canto. Questa passione, giovanissimo, lo trasformò, sulle scene del S. Carlo, nel marinaio del Tristano ed Isotta. Iniziò così la sua carriera; poco dopo era nato il tenore Salvatore Papaccio. La lirica, che l'aveva sempre soggiogato, lo possiederà per tutta una vita artistica, trovandolo interprete di ben 123 opere, dall'Otello all'Andrea Chenier. Sui quartieri, nella sua casa che sa di un tempo e dei suoi successi, in evidenza ed a testimonianza, il diploma di Benemerenza dell'Ente Autonomo San Carlo, rilasciatogli nel 1963, dopo 56 anni di vita artistica. Quell'attestato è posto fra le fotografie con dediche affettuose, di Caruso, di Gigli, del Maestro Zandonai, che lo predilesse, del Maestro Mascagni che, e fu l'unica volta, volle cantare in pubblico con Salvatore Papaccio l'Inno dei Lavoratori. La visita di Hirohito in Italia determinò una svolta decisiva nella carriera artistica di Salvatore Papaccio. Nel ricevimento dell'ammiragliato in onore dell'erede al trono del Celeste Impero, Papaccio, d'improvviso, si sentì solo autentico figlio di Napoli e cantò le canzoni della sua città. Fu un trionfo! L'Eden, con la paga favolosa a quei tempi di 500 lire a sera, si affrettò ad ingaggiarlo, rischiando la bancarotta. Fu necessario, invece, escogitare nuove acrobazie per rendere il locale capiente al massimo! Accanto al tenore, così, terminata la stagione lirica, si pose un pezzo del cuore di Napoli. Se oggi, in una sala di registrazione, vi capiti di ascoltare « Varca napulitana » o « Sogno di un artista » non abbiate dubbi: a 82 anni, portati con fierezza antica e giovanile aspetto, è Papaccio che canta, sempre lui! « Napoli mi appartiene » suole dire, e non sa che egli appartiene a Napoli, da tanto. Da quando le canzoni che cantava, dopo 24 ore, erano cantate da quanti hanno sempre affollato le strade dei quartieri più popolosi di Napoli. La sua vita è stata un delicato trapunto eseguito con due soli colori: il bianco e il nero, dappoiché successi, gioie e dolori si sono alternati con profonda incisione. Oggi il suo orgoglio vive della testimonianza scritta da suo genero: « Al pianoforte è il Maestro Furio Rendine, noto compositore, genero di Salvatore Papaccio. Egli, con la sua partecipazione, ha inteso rendere un doveroso omaggio al grande artista e tributargli il suo filiale affetto »."


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